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Quanto incide l’inflazione sulla vendita di una casa?

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Qualche giorno fa, una nota blogger ha ritrovato tra le sue scartoffie uno scontrino di un supermercato in cui aveva fatto la spesa.
Lo scontrino era di sette anni fa, più precisamente era del 2016. 

Un po’ per gioco e un po’ per curiosità, ha voluto fare un esperimento: ricomprare gli stessi cibi, nello stesso supermercato, sette anni dopo. 

Man mano che la blogger si avvicinava agli scaffali, si è subito resa conto di quanto i prezzi fossero diversi. Il risultato finale, è stato impietoso: +40%!
Ed è un risultato che non tiene conto del fatto che molti prodotti sono stati ridimensionati nei formati.

Quindi, l’inflazione reale, almeno sui generi alimentari, è facile pensare che abbia superato il 50%, negli ultimi sette anni.

Tutto questi aumenti si sono visti in moltissimi settori: quello energetico, delle autovetture, dei mobili, dei materiali, della ristorazione eccetera.

Ovunque ci sono stati aumenti in doppia cifra. Ovunque, ma non nei prezzi delle case!

Gli immobili, in Italia, insomma, non si stanno comportando allo stesso modo del resto dei beni di consumo.

 

I prezzi, infatti, a livello nazionale sono prevalentemente stabili o in lieve aumento pressoché ovunque.

Dall’altra parte, è universalmente noto che i tassi dei mutui (a tutt’oggi circa il 50% delle compravendite sono fatte con un mutuo) si sono alzati in maniera considerevole, scoraggiando la parte di acquirenti piu’ vulnerabile, dall’acquistare.

Di contro però, si è visto un forte aumento di acquisti immobiliari, da parte di risparmiatori, che si sono buttati nell’immobiliare per investimento, o più semplicemente, per non lasciare in banca i loro risparmi.

È risaputo, infatti, che il problema numero uno, quando c’è un’inflazione alta, è proteggere il risparmio,che, se lasciato fermo sul conto corrente (o in qualche investimento non remunerativo di qualche anno fa, quando i tassi erano bassissimi), verrebbe eroso e consumato dall’inflazione.

Ma parliamo di un’altra dinamica, assolutamente da non sottovalutare. 

Gli aumenti, impressionanti, dei canoni di affitto.

Già, anche loro non fanno eccezione, sono drammaticamente aumentati, come mai prima d’ora.

Le stanze affittate a peso d’oro nei grandi centri urbani e vicino alle università e il proliferare degli AIRBNB e degli affitti a breve termine hanno reso appetibile l’acquisto di immobili da parte della platea degli investitori offrendo, spesso e volentieri, rendimenti anche superiori al 7% netto all’anno.

Il tutto, con una tassazione sugli affitti enormemente più bassa rispetto ai redditi da lavoro.

L’aumento dei canoni d’affitto, non solo stimola gli investitori a comprare case magari da mettere a reddito, ma incentiva anche gli inquilini, a comprare.

Malgrado gli aumenti dei tassi, infatti, è sempre più conveniente comprare un immobile e fare un mutuo, piuttosto che stare in affitto, soprattutto con le revisioni dei canoni che ci sono state e ci saranno.

In poche parole, l’inflazione funziona nel mercato immobiliare in due modi.
Da una parte, aumentando i tassi dei mutui, frena gli acquisti, dall’altra, con l’aumentare delle preoccupazioni sulla tutela dei propri risparmi,e con l’aumentare dei canoni d’affitto, incoraggia la domanda e gli acquisti di immobili.

In definitiva, i compratori che decidono di comprare un immobile, lo fanno in cerca di maggiore remuneratività nei loro investimenti e/o per una maggiore stabilità finanziaria, oltre che per migliorare il proprio livello abitativo. Chi vende, invece, vede il valore dei suoi immobili stabile o forse anche lievemente aumentato, e può reinvestire la liquidità derivante dalla vendita, nell’acquisto di immobili, magari di taglio più piccolo, che ben si prestano ad essere affittati, o investirli in altri prodotti finanziari, che per forza di cose, offrono rendimenti, di questi tempi, ben più interessanti di quelli di qualche anno fa.

 

Infine, c’è un aspetto inquietante da non sottovalutare assolutamente se devi vendere una casa.

I materiali edili, sono rincarati ampiamente oltre il 50%, rispetto a cinque anni fa.

È purtroppo innegabile che, oggi come oggi, ristrutturare costi  molto di più di qualche anno fa.

Il patrimonio edilizio esistente italiano è  in grandissima parte superiore ai 30 anni di età, e nell’ottica del miglioramento energetico e dell’economia green, richiederà in futuro pesanti interventi di riqualificazione che con il passare degli anni diventeranno non più consigliati, ma obbligatori.

È un’ottima idea vendere, se ci si sta pensando, non solo perché si può investire in soluzioni finanziarie che danno rendimenti fino a qualche anno fa impensabili, ma anche per evitare pesanti salassi di riqualificazione degli edifici (a lungo andare, inevitabili).

Dovunque la si guardi, l’immobile in questo momento storico rappresenta un guadagno sia per chi vende, sia per chi compra.

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